Il Piccolo – Martedì 14 Febbraio 1984 di Enzo Di Grazia

La modularità dell’oggetto di consumo assunto come segnale emblematico; la sua proposizione in termini di costruzione formale; la pregnanza di contenuti di riferimento ad una realtà sociale e culturale, che è propria dell’autore, ma che si innalza a livello di più generale validità: sono questi, in sostanza, gli ele-menti che sostengono la grafia artistica di Giannetto Bravi, una cui personale si tiene alla galleria “La Roggia” dall’11 al 24 Febbraio.
Cinque sole opere, “Ho visitato la cappella degli Scrovegni” un trittico del 1981, “Veduta aerea” del 1980, “Il presepe di Cucciniello” del 1983, “La flagellante e la baccante” del 1980 e “Vico strettoia degli Orefici” del 1984, te-stimoniano la continua e meticolosa ricerca dell’artista intorno alle possibilità di lettura della cartolina stereotipa, che assurge nelle tele a modulo compositivo di altro impianto che non l’oggetto consumabile.
Da un lato, la “rivisitazione” dei luoghi della memoria napoletana (il cratere del Vesuvio, il vico degli Orefici, il presepe di Cucciniello, l’affresco pompeiano); dall’altro la citazione di una pittura “colta” in chiave “poveristica”.
In questo bilico continuo tra poeticità e politicità delle composizioni, tra l’ironia sottile e l’esaltazione esplicita, si dilata un mondo culturale che nasce dalle impostazioni (modulari) della concettualità per recuperare tutta la grinta del pop e del povero, fino a definirsi in chiara visione pittorica della composizione, per conseguenza della giustapposizione degli elementi.
Così il cratere del Vesuvio, in “veduta aerea” perde non solo la stereotipia del “pennacchio e del pino” ma anche, per un momento, la sua stessa definizione morfologica, per acquistare un valore puramente cromatico e lineare.