Capri - In 70 paesaggi ripetuti, Es. VII più 1/PA ED. Pulcino Elefante, 2000 (Presentazione di Sergio Lambiase)

Caro Gianni,

quante cartoline mi hai inviato nella tua vita? Cartoline da luoghi esotici (di un esotismo quasi domestico, tra "quel ramo del lago di Como" e Baden-Baden, tanto per definire dei possibili confini) e cartoline scherzose, ammiccanti (una quantità sterminata), come quella che mostra un cuoricino rosso sull’orlo del Vesuvio o quell’altra che è una foto strepitosa di Constance Stuart Larrabee dal titolo Seek what is true, mentre il francobollo (enigmatico sovrapporsi di cose apparentemente diverse) celebra il centenario del cinema con un’immagine di Rodolfo Valentino nel Figlio dello Sceicco. Potrei continuare all’infinito...

Poi improvvisamente mi ritrovo queste settanta cartoline di Capri... D'accordo, non me le spedirai mai, giacchè sono consegnate a un libro (a questo libro ponderoso di cui la mia breve e leggera lettera è parte!), eppure già mentalmente le ho aggiunte al piccolo zigurrat di cartoline tue che conservo nel cassetto con la loro frase spiritosa in cima (qualche volta tua, qualche volta di tua moglie) e che forse un giorno, per capriccio, per rilanciare il tuo gioco, oserò comporre in un enorme quadro che racconti i tuoi stralunati (ma anche struggenti, obliqui, avventurosi) itinerari.

Tu in fondo hai capito una cosa. Che Capri non è mai veramente esistita, se non come transeunte slittamento di rocce (una volta era “parte del continente”, come in una celebre poesia di John Donne, e ci scorazzava indisturbato l'elefante primigenio del Mediterraneo), mentre ciò che avrà sempre spessore, sostanza, corpo, durata, è l’immagine riflessa di Capri, voglio dire Capri come puro e ingannevole artificio, Capri come decalcomania, riproduzione, icona, simulacro. Giacché tutto cominciò il giorno in cui un tedesco, che si chiamava August Kopisch, scoprì il fascino meduseo della Grotta Azzurra (che i capresi naturalmente conoscevano da sempre e che ai tempi di Tiberio era un ninfeo popolato di statue conficcate nel mare) e ne diede l’annuncio sidereo al mondo. Il risultato fu che l’isola si riempì in breve tempo di “uccelli migratori” del Gran Tour in cerca di risarcimenti mediterranei, prima avvisaglia di quei milioni di turisti che sarebbero scesi a frotte dagli aliscafi camuffati come in un'opera di Duane Hanson per riportare a casa souvenir a buon mercato (e naturalmente inviare coloratissime cartoline!).

Sì, Capri è stata sempre un’appagante finzione e tu cogli nel segno quando ce la racconti attraverso questo caleidoscopio di immagini con gli scorci universalmente noti dell’isola, dalla Grotta Azzurra (sempre lei!) alla Piazzetta, da Tragara a Villa Jovis, dai Faraglioni alla Canzone del Mare ed è imperturbabile questo tuo sguardo che non si vuole allontanare dal risaputo, dal già visto, dal rimasticato perché questo e non altro è il residuo ultimo del lampeggiante mito dell'isola. E sono vedute, sono scorci che tu accosti secondo il canone del simile col simile, come hai sempre fatto, giacché è l’iterazione, è la moltiplicazione seriale che assegna al “luogo comune” come tale lo statuto retorico che gli è proprio: l’implacabile e allo stesso tempo enigmatica evidenza del nulla. 

Quale volto elusivo avrà la tua prossima cartolina?

Sergio Lambiase, 1999