EFFETTO NOTTE

Forse tutto nasce dal bisogno di evitare i luoghi comuni più antichi, di intaccare la monumentale saldezza di stereotipi millenari. Troppi secoli di retorica sulla luce, sulla sua essenza benefica, sul suo ruolo di metafora per antonomasia del positivo hanno indotto a dimenticare che l’eccesso di luminosità abbaglia, rende ciechi, perché la luce, come scrive Beckett, può essere “la più fitta delle tenebre, se è solo luce”. L’importanza attribuita alla notte da una precisa tradizione estetica - che da Novalis giunge sino al Surrealismo - è dovuta a questa insofferenza per la condizione diurna e per i suoi risvolti simbolici. L’antielogio della chiarezza, in tutte le sue sfumature di senso, della razionalità, della consapevolezza obbligatoria e della gioia forzosa ha parallelamente generato, in quasi due secoli di arte notturna, l’apologia dell’oscuro, della forza catartica dell’inconscio e del piacere dell’abbandono malinconico. Solo di recente, soltanto negli ultimi decenni, la notte ha cominciato a essere pensata e rappresentata come un luogo esterno alla consueta oscillazione fra negativo e positivo, sino a trasformarsi in un antidoto alla dialettica e allo schematismo concettuale imperante, in una salvifica via di uscita dall’apriorismo, dalla celebrità, dalla logica lapalissiana che abbonda nella produzione artistica contemporanea. Questa mostra documenta tre possibili opzioni di senso della condizione notturna, tre varianti estetiche che declinano il medesimo, suggestivo effetto. La notte come archetipo, come dimensione primigenia, come luogo dell’origine da cui, secondo un’involontaria citazione biblica, emergono le sagome degli oggetti plasmate dall’apporto della luce nelle opere di Mariella Bettineschi e Nazareno Guglielmi. La notte come territorio da esplorare con gli strumenti della memoria, come ambito privilegiato dell’esercizio del ricordo, ma anche come zona ad alto rischio di oblio, nelle opere di Giannetto Bravi e Anna Rosa Gavazzi. La notte come spazio interiore, reso accessibile dagli sguardi, o come tempo esteriore misurato dai gesti nelle opere di Sebastiano Mauri e Stefania Molteni. 

Roberto Borghi, 2001