1971 - S. Maria Capua Vetere, Ricognizione 71 (Presentazione di Angelo Trimarco)

Valigie in metallo brunito (o lucido) con catena lucida o brunita. Catena di lunghezza variabile. A richiesta vengono fornite con sacchetto contenitore rosso. La valigia di Bravi può essere usata in viaggio e anche a passeggio. A casa. Ogni altro uso, comunque, è consentito. Anche se non in regola con le leggi dello Stato Giannetto Bravi ha suggerito, tra le altre, questa utilizzazione. La catena, opportunamente distesa, scorre sul corpo di un uomo e di una donna, mentre fanno l’amore, fino a stringerli indissolubilmente (per l’attimo o per domani, è meglio non chiederlo). “Bravi, en bon romantique”, ha insinuato Restany. Evidentemente si pensa a immagini sado-masochiste, a inferni e perversioni inconfessabili, a facce d’angelo con il demonio nelle vene. Ce n’è abbastanza, comunque, per andare tutti (Bravi, Restany, Trimarco e gli osservatori) a raccontare le profondità oscure delle nostre catene all’amico analista in agguato. Oltre l’analisi (ma anche dentro) le valigie di Bravi sollecitano accese risposte psicosensoriali, stimolano desideri (prontamente rimossi), ci scuotono, e ci coinvolgono, malgrado noi. Bravi ha caricato, infatti, i suoi oggetti di un forte quoziente simbolico, di una carica allusiva che mette in movimento le falde più segrete di ciascuno di noi. Le sue valigie, così, non sono più emblemi rigidi ma, ogni volta, strumenti di violenza e d’amore, di dolore e di gioia: strumenti da farci scorrere sulla pelle o da rimuovere, lontano nell’abisso delle Madri.

Angelo Trimarco

L'impossibile Museo dei Musei

Duchamp ha avuto per tempo l’idea della scatola, a cui ha dato il nome di Valigia, nella quale, dice, "tutte le mie opere si troverebbero raccolte come in un museo in riduzione, un museo portatile". Malraux, sappiamo, ha pensato a un museo immaginario che, a differenza di Duchamp, ha consegnato a un libro, Le voci del silenzio, scandito dal ritmo di una sequenza straordinaria di fotografie... Giannetto Bravi, da parte sua, da tempo va costruendo il Museo dei Musei: naturalmente, non come "museo portatile" o "voci del silenzio", ma come un’opera che lavora, insieme, la totalità dell’arte, della critica e del museo.

Il Museo dei Musei è opera onnivora e seducente in cui l’artista mette in forma il suo corpo-a-corpo con l’arte e le sue figure, con il ritratto e l’autoritratto, con il paesaggio e la natura morta, e, insieme, con la critica, dal momento che mostra, senza gerarchie, accanto alle opere, anche i testi d’accompagnamento di questa sua avventura, e con la stessa forma museo, in quanto Bravi, invece che custodirrlo nella duchampiana Boite-en-valise o affidarlo al libro, alla maniera di Malraux, espone il Museo dei Musei proprio in un museo: appunto, nel Museo di Capodimonte, ritagliandovi all’interno tre Stanze, in cui si snoda e si articola l’itinerario segnato da circa trecentosessanta lavori, recenti e meno recenti, riferiti ad almeno trecentocinquanta artisti, e, si è ricordato, dai testi critici.

Particolare cura è, poi, rivolta alle cornici, tutte di legno naturale, colorate a mano in cinque colori base: oro, argento, rosa, verde e giallo.. Un porta-schede di plastica, che contiene le riproduzione di ogni quadro e le relative indicazioni bibliografiche, è anche a disposizione del pubblico, naturalmente, insieme al catalogo che, della vita del museo, è l’alfa e l’omega.

Con questa mossa - con l’esposizione del Museo dei Musei in tre Stanze del Museo di Capodimonte - Giannetto Bravi riflette sui modi di presentazione dell’opera, sul rapporto tra l¹opera e il contesto museale, sulle modificazioni che ne segnano lo spazio e, al tempo stesso, sulle relazioni con il pubblico. In altri termini, il Museo dei Musei è un lavoro sul museo come spazio totalizzante dell’arte e della critica e, consapevolmente, sulla sua impossibilità.

Angelo Trimarco