17-12-2000
B
RAVI GIANNETTO

Le opere di Giannetto Bravi trasmettono certamente una simpatica nostalgia, perché hanno un lato romantico intrinseco e perché toccano motivi che riguardano il passato. Non si tratta del passato personale dell’artista, di un passato che viene raccontato, di qualcosa che si può sentire come proprio, ma di un generico e indifferenziato passato come trascorso che segna il distacco che si verifica nel tempo dagli stadi precedenti all’attuale, dove le immagini servono come tracce o documenti. Il suo lavoro è apparentemente privo di intervento diretto, Giannetto vuole che sia così, che possa servire a confondere il suo ruolo di ricercatore di immagini con quello del loro creatore. La sua partecipazione è di natura emotiva più che elaborativa, per quanto vi sia un processo di trasformazione di stato dell’immagine, sia essa una cartolina o una locandina che pubblicizza qualche pellicola che pochi ricordano, Quello che conta è quella riemersione di un frammento del passato, di atteggiamenti fittizi che delle persone reali o inventate hanno assunto per corrispondere al gusto e al sentire di un’ epoca, di un momento. Questo per quanto riguarda le sue realizzazioni di questi anni, dove le diverse figure del suo recupero del passato vengono raccolte per tema o per motivo iconografico, dando uno spazio particolarmente a quei riferimenti cinematografici che sono di natura più oggettiva. Vi è però un lato più personale del suo lavoro sull’immagine e sui legami affettivi, quello che ha sviluppato nel progetto Vesuvio, inviando cartoline e lettere sul Vesuvio, con la polvere di lava del vulcano, ad amici e conoscenti, come a voler condurre con sé e distribuire parte di quel paesaggio dell’animo che così ha sentito, nel graduale distacco personale da quel mondo, che rappresenta, questo sì, un modo di fare i conti con la propria esperienza di vita e con il suo scorrere. 
Un appunto a parte merita qualche operazione a sé, come il ritrovamento di una cartolina che raffigura monsieur Poubelle, bellissima immagine di un uomo d’altri tempi, utile per esaudire una curiosità sull’origine di un termine non altrimenti comprensibile. Anche qui un retaggio del passato si trasforma in un tassello che si sistema. 

17-03-2003
A Giannetto con simpatia e amicizia 
Francesco

 

PAS-DE-DEUX

Da alcuni anni ormai Giannetto Bravi è alle prese con un'operazione di conservazione e trasformazione di immagini del passato, frammenti di un inconscio collettivo intimo e sfuggente. Le fotografie recuperate sono quelle che si ritrovano nei manifesti pubblicitari, nelle locandine delle locandine cinematografiche, nelle cartoline di vario genere e consumo. Una parte del suo lavoro è costituito dalla ricerca, o a volta dal ritrovamento casuale, di tali immagini in un particolare archivio della memoria costituito dai "rifiuti", da ciò che viene rimosso o abbandonato. Talvolta vi si ritrovano delle piccole perle, forse non dei capolavori, che sono segno di quel modo di esprimere passioni e sentimenti reso pubblico dalla stampa variamente rielaborata di volti, persone, situazioni, in atteggiamenti spesso artefatti. Anche le riproduzioni di opere d'arte risentono dei modi e del tempo, oltre che delle tecniche, di tale divulgazioni popolari, e per questo Bravi le usa come traccia di un momento particolare e di un modo di guardarle.
La seconda fase del lavoro consiste nell'appropriazione o trasformazione di tali memorie perdute, attraverso l'ingrandimento e le stampa su tele che le trasformano in nuove illustrazioni, quasi dei veri e propri dipinti, realizzazioni che potrebbero essere definite pop, se non fossero costituite proprio da ciò che si dimentica, piuttosto che da ciò che resta negli occhi e nella memoria immediata.
Oltre che operare sulla sostanza fotografica, Bravi agisce infatti sulla percezioni del tempo che sfugge. La dimensione temporale e di memoria alla quale fa ricorso è in parte individuale, perché i ritrovamenti inducono a recuperare affinità con epoche che sembra di avere condivise personalmente, ma soprattutto collettiva, perché quelle figure e quelle sensazioni non sono necessariamente definite. Sono piuttosto parte di un indistinto trascorrere del tempo, che dà nostalgia anche se non lo si è vissuto direttamente, se quelle persone non ci riguardano, se quei film non li abbiamo visti. L'indifferenziato trascorso permette un allontanamento dalla partecipazione emotiva, uno sguardo più freddo, che registra e rilegge le cose in una chiave aggettiva.
Rispetto ai caratteri più mentali o riflessivi di altre simili operazioni, prevale perciò il motivo dell'osservazione, la necessità di sollecitare le sensazioni attraverso l'attenzione al vedere, alla visione intesa come motore di conoscenza e sentimenti.
L'organizzazione naturale e necessaria di tali reperti ha trovato nella recente attività di Bravi modo di esplicitarsi attraverso un criterio tematico, per cui ha elaborato alcune raccolte che tengono conte dei legami attinenti le origini di tali associazioni visive, riunendo le locandine cinematografiche, le cartoline e i materiali su Napoli o le immagini di natura erotica, o creando una propria immagine di Cina, ricorrendo agli arredi dei ristoranti cinesi. L'efficacia di tali connessioni porta l'attenzione il senso recondito dell'operazione, su quel mondo che viene catalogato e archiviato in un preciso settore.
Un altro criterio può essere però quello di riunire diversi ambiti per ragioni iconografiche, in considerazione della natura dell'indagine sul visivo così impostata. É ciò che fa Giannetto Bravi in questa occasione, riunendo tele derivate da cartoline francesi degli anni Venti, dalle fotografie di contenuto erotico, da immagini legate al mondo del cinema e dell'arte. Il comune denominatore è ritrovato nella presenza della coppia, dei modi in cui la storia dell'arte e dell'immagine ha presentato legami affettivi e di natura emotiva. Non si tratta di esibire sentimenti in modo banalmente romantico, ma di mostrare, con una lucidità che non esclude la partecipazione, un possibile percorso tra modi differenti di rappresentare i moti degli affetti, le relazioni accennate o costruite che segnano diversi modi di rappresentare quel mondo privato capace di svelare piccoli segreti, dove quasi non conta più la precisa collocazione temporale o il giudizio estetico, ma la possibile affinità che congiunge l'icona antica di Marco Proculo in compagnia della moglie con l'ignota coppia francese che si scambia effusioni mielose in una cartolina della fine degli anni Venti. Le collega essenzialmente in modo in cui quell'immagine è stata usata per trasmettere emozioni perdute, alle quali Bravi allude senza poterlo condividere, lasciandoci fra le incertezze dell'ignoto e le tracce di una storia possibile, fra la memoria e l'oblio.

Francesco Tedeschi

 

La Quadreria virtuale

L’operazione "Quadreria" di Giannetto Bravi è una di quelle simpatiche follie che un artista determinato (testardo) può e deve concedersi, come sfida con se stesso, a dimostrazione della validità di un’idea che occasionalmente può prendere forma in un luogo.

Proviamo a considerarla dal punto di vista strutturale.

Il primo passaggio che la caratterizza riguarda le immagini, che sono opere, divenute fonti visive, per tornare a essere "opere", di seconda mano. Usare cartoline e riproduzioni, come Giannetto Bravi fa da tanti anni in molti suoi progetti, può avere risvolti sociologici, perché sembra sempre un invito a riflettere sul grado di diffusione dell’immagine, sulla sua popolarità, sulla sua funzione comunicativa. Rivolgendosi alle riproduzioni messe a disposizione nelle librerie dei musei, egli pone ora in evidenza la questione della "riproducibilità" dell’opera d’arte, la sua "massificazione", il suo abbassamento a oggetto (di culto). Questo, però, ha solo parzialmente a che vedere con le intenzioni di Giannetto Bravi.

Il secondo passaggio concerne la modalità d’uso di queste "immagini". Le riproduzioni (più o meno raffinate e fedeli) che testimoniano il grado di diffusione dell’opera originale, sono infatti strumento di una nuova "composizione", svolta ad un grado prossimo allo zero. La ri-produzione si rivela tale nell’essere ripetuta, moltiplicata, tornando a essere opera in quanto la cornice le conferisce una nuova "aura", unica e irripetibile.

Ogni opera ritrova così una sua ragione, una sua dimensione in quanto, per ragioni intrinseche al soggetto o dettate da una suggestione visiva particolare, il numero, il formato e la disposizione di esse, ne accentua qualche carattere che poteva essere dell’originale o della sua struttura interna (un esempio evidente può essere nella Ronda dei carcerati di Van Gogh, che nella versione di Bravi sembra confermare il valore visivo di immagine unitaria, più che ripetuta, per effetto della stessa natura iterativa del tema). Il terzo momento dell’operazione è poi quello della sua presentazione in ambito espositivo, dove Bravi fa tornare in uno spazio "museale", che vuole ricreare la condizione della "quadreria", l’insieme delle sue ricostruzioni. L’azione gratuita e pleona-stica di raccogliere, accostare e incorniciare queste riproduzioni, trova qui una nuova cornice, che insiste sul significato dell’accumulo e dell’abbellimento decorativo, a scapito del valore del singolo oggetto. Per questo, la prima presentazione del progetto, presso la Galleria Milano nel 2003, era da leggersi quasi come un happening, di cui le immagini con l’artista abbigliato come un guardiano di museo costituiscono le testimonianze compiute.

Nell’estensione di quello che può a questo punto considerarsi il primo stadio di tale operazione, potrebbe apparire che il percorso attuato da Bravi abbia come conseguenza un processo catalogatorio, che tende ad ampliarsi all’infinito. Ne fa fede il classificatore monumentale, dove le opere eseguite sulle riproduzioni d’arte sono elencate in ordine alfabetico d’autore, con il quale documenta il suo lavoro. Anche se fondato su una selezione, il suo modo di raccogliere e classificare le immagini che sono oggetto delle sue realizzazioni tende così a una forma di enciclopedismo, che potrebbe far pensare alla volontà di raccogliere un’esemplificazione la più rappresentativa possibile di tutta la produzione artistica mondiale, in una volontà di catalogazione universale, che potrebbe aver termine solo con la sovrapposizione delle opere riprodotte alle originali, come nei modelli cartografici tendenti a ottenere una mappa in scala 1:1. Quello che però ne deriva, anche spingendo idealmente a un livello sempre più capillare tale raccolta, è l’impossibilità della sua completezza, lo scacco di ogni tentativo di creare un catalogo siffatto.

Ciò che interessa Bravi è forse però maggiormente il carattere dimostrativo del rapporto fra le antiche forme di collezionismo d’arte e le odierne forme di appropriazione virtuale, apparentemente a disposizione di chiunque. Occorre in questo senso sottolineare che il medium scelto da Bravi, la cartolina che riproduce le opere d’arte di tanti musei, risponde al suo scopo, in quanto oggetto che si fonda su una pregnanza particolare, che va oltre lo statuto di semplice immagine. La cartolina è riproduzione realizzata per viaggiare, in ogni modo, sia che venga spedita, sia che chi se la procura la tenga per sé, in una forma di feticismo a buon mercato. Sul valore della cartolina come immagine simbolica di un modo di conservare e comunicare memoria di un luogo, di una sensazione, di un’impressione, si fondano per esempio alcuni progetti realizzati da Tom Phillips, il maggiore dei quali è il volume The Postcards Century (London, 2000), che voleva essere la più immediata forma di rappresentazione di un secolo, filtrato dallo sguardo dei singoli che nella quotidianità si sono identificati con queste immagini standard. La cartolina è per questo, nel pensiero di Bravi, il materiale imprescindibile, che coniuga la sua natura di riproduzione, a quella di forma di memoria privata consolidata dall’uso che il costume ha proposto.

L’affidamento all’immagine riprodotta e l’estensione dei soggetti dicono poi di una disponibilità di fonti visive che oggi si è moltiplicata anche per mezzo informatico, per l’infinito parco di immagini di riferimento, specificamente proprio nel settore artistico, che abbiamo a disposizione. La scopofilia che si sprigiona nel fruitore di internet, che ricorre allo schermo come spazio privato di appropriazione del mondo, trova nel settore della riproduzione d’arte un oggetto di godimento che si può dire il surrogato aggiornato di una immateriale collezione d’arte.

Pur fondandosi sulla riproduzione a stampa e sulla sua ripresa in un formato-quadro, estremamente fisico e sperimentabile, il modello di quadreria di Bravi può perciò anche essere considerato un archivio virtuale, una forma di memoria o un esercizio di "spostamento" d’uso, che fa della ripetizione un principio di regola, più che di ossessione.

Francesco Tedeschi