Gala n. 80 – Dicembre 1976

Il “cartolinismo” non è una scoperta recente, né facilmente databile in senso (storico) retrospettivo; anche perchè di cartoline tipo collezione, mai spedite oppure virtualmente affrancate (da e per), ne abbiamo vedute perfino sulle bancarelle antiquarie (es. Quelle Liebig). Ciò nonostante, Giannetto Bravi è un atipico consumatore di cartoline spedite al fermo-posta del proprio lavoro: in quanto le acquista (a pacchi) e poi se le impagina con maniacale perizia compositiva. Questo, appunto, è il suo “cartolinismo” ilaroteatrante, per via della teatralizzazione dell’immagine ripetuta e inscenata sulla superficie del quadro, fino a farne un avvenimento ludico a carattere mitografico. Egli afferma: “… se ricorro ad immagini già date è perché c’è, alla base, da parte mia un voler recuperare un mondo altrui, un mondo già cristallizzato in un’immagine ben precisa e ricostruirlo”. Poi aggiunge: “Per quanto riguarda l’illusione, non è soltanto in quello che faccio come lavoro in se stesso, l’illusione purtroppo è nel constatare che non vedo nessuna speranza, al limite non solo per le mie cose, ma per qualsiasi altra cosa che possa resistere al tempo. E’ questo senso di impotenza proprio verso qualcosa che senz’altro ha le sue scadenze precise, dove non sarà possibile recuperare più nulla, dove la memoria avrà perso la memoria”. Ecco, è proprio nel pessimismo velato di ironia che possiamo “leggere”, tautologicamente (in senso critico-analitico), i deliranti racconti della quotidianità non tanto nel passaggio “dal feticismo della memoria alla memoria del feticismo” (Pierre Restany), quanto dalla “crisi di memoria” che, malgrado l’affollamento ripetitivo (fino a 42 cartoline dello stesso soggetto) nel “contesto” attenzionale, denuncia la perdita del centro memorizzante, cioè dell’essere non pregiudizialmente condizionato a “ri-vedere” il proprio vissuto al fermo-posta della realtà, dove paesaggi e figure vengono defilate nell’irrealtà dell’evidenza quasi fossero un’allucinazione turistico-immaginativa.

Miklos N. Varga