2001
Castellanza (Va)
Museo Pagani
Cinema Amore Mio 3


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L’immagine rubata

“Mi è sempre piaciuto lavorare con gli scarti. Cose che vengono scartate, che non sono buone e tutti lo sanno: ho sempre pensato che hanno un grande potenziale di divertimento”, scriveva Andy Warhol.
Il profeta della pop art ci ricorda che l’artista del ‘900 è stato il primo a legalizzare il riciclaggio e che non c’è nulla di quanto appare in natura che non possa diventare opera d’arte. Detriti e scarti compresi.
Del resto, ancor prima di Warhol, sono state le avanguardie storiche a insegnarci che l’artista non solo crea le immagini, ma ha la possibilità d’impossessarsene riorganizzando lui stesso il mondo visibile. 
Da Marcel Duchamp a Alighiero Boetti; da Joseph Beuys a Robert Rauschenberg, è l’universo nella sua straordinaria mobilità a presentarsi di fronte agli occhi dello spettatore.
Tra i cleptomani eccellenti, un ruolo di primo piano ha assunto Giannetto Bravi che da circa trent’anni non ruba gli oggetti, bensì le immagini. Un ladro del pensiero, dunque, che attraverso la sua arte cerca di entrare in possesso dell’impercettibile in un dialogo che va oltre il razionale. 
A quanto pare, l’objet trouvé di origine dadaista si trasforma nelle sue mani in image volée. 
L’azione di Bravi coinvolge la sfera emozionale nel tentativo di ritrovare le schegge ormai disperse della memoria: vecchie cartoline erotiche, biglietti d’auguri d’inizio secolo, i calendari dei barbieri, la Napoli degli anni Trenta (lui è nato a Tripoli nel 1938 ma è napoletano d’adozione) e manifesti cinematografici un po’ ingialliti, fanno parte del bagaglio che si porta dietro in tutte le tappe del suo pellegrinaggio. Sono scarti dimenticati che non hanno nulla da spartire con il sofisticato e vorace sistema mediale. Non varrebbe la pena di occuparsene se non appartenessero intimamente alla sfera dei ricordi, a quel mondo segreto che ciascuno di noi nasconde dentro di sé. 
Quel ladro d’immagini, infatti, ha il merito non marginale di restituirci la memoria portando alla luce il significato simbolico del reale, quello che Roland Barthes ha definito il terzo messaggio in una “lettura sospesa tra l’immagine e la sua descrizione, tra la definizione e l’approssimazione”. 
Ciò che conta nel lavoro di Bravi è proprio l’acquisizione di nuovi significati che consentono all’immagine una vera e propria rigenerazione. 
Quanto sembrava ormai del tutto dimenticato o far parte, tutt’al più, di un’attualità trascurata, torna ad avere una sua precisa dignità e soprattutto un nuovo significato semantico. 
Per ricomporre l’archivio della memoria, l’artista cerca i propri reperti sulle bancarelle dei mercatini, nei negozietti d’antiquariato o nei cassoni della nonna accatastati in soffitta. Qui accumula le immagini che in una fase successiva verranno ordinate per cicli. 
A questo punto ciascun frammento viene ingrandito su tela rembrandt (è quella utilizza in pubblicità per ottenere un effetto il più possibile vicino al vero) diventando una sorta di trompe l’oeil che crea un senso di straniamento basato sulla relazione tra due assenze; la pittura e la fotografia. Entrambe sono evocate dall’unica presenza, l’immagine-feticcio che in questa logica trova una nuova collocazione. 
Ecco, dunque, che Giannetto Bravi agisce sul piano strettamente linguistico modificando la relazione tra significato e significante facendo emerge una realtà che prima non esisteva, pronta a ritrovare il suo spazio nella sfera della memoria. 
Come ha scritto Angela Vettese nel 1991, Bravi lavora su un doppio binario, “quello caldo della semantica sociale e quello dell’indagine sul linguaggio dell’arte”, in base ad una serie di elementi imprescindibili che convivono nel suo lavoro sin dai suoi esordi. 
Del resto, con le immagini sommerse riportate alla luce da Bravi ciascuno interagisce attraverso la costruzione di un proprio personale archivio che può far riferimento ad un Totò d’annata o sconfinare nel terreno hollywodiano per recuperare un film dimenticato come The blazing forest con John Payne. 
Ma il gioco della memoria passa attraverso differenti “fughe visuali”, come le ha definite nel lontano 1981 lo storico dell’arte francese Pierre Rouve , in un percorso in cui possono incrociarsi i Ravioli al vapore dei meù cinesi take away così come una Brigitte Bardot in stile fotoromanzo. Bravi, insomma, non ama la versione patinata della comunicazione, ma si lascia incantare dalla vulgata popolare e kitsch. 
La Hollywood rappresentata da Bravi è quella che si riflette nelle riviste illustrate, nel circuito dei cinema parrocchiali o nelle sale di paese. Il Nuovo Cinema Paradiso è tutto qui con il suo infinito potere di suggestione.
Quello descritto da Bravi, insomma, è un immaginario ricco di un valore affettivo autentico dove prevale la componente mitica e simbolica. Ciò che conta non è la cosa in sé, ma la sua proiezione mentale nel tentativo utopistico d’impossessarsi della dimensione temporale più ancora che di quella spaziale. 
Già nel 1971 l’artista napoletano realizzò in occasione di una mostra al Centro Apollinaire di Milano una serie di valige con catene. L’anno successivo, su invito di Pierre Restany, invaligiò il Vesuvio asportando una serie di frammenti (nel 1994 Maurizio Cattelan farà un’operazione analoga con le macerie del Pac di Milano distrutto da una bomba). 
Ebbene, con il medesimo approccio oggi Giannetto Bravi affronta l’universo visibile, pronto ad incatenare definitivamente i ricordi per renderli eterni; le valige, poi, non contengono più i frammenti del Vesuvio, bensì quelle immagini rubate destinate a diventare opere d’arte.

Alberto Fiz, marzo 2001


Opere in mostra 
Titolo: THE BLAZING FOREST
Materiali: Trasferimento di gelatina fotografica su tela Rembrandt, plastificazione a caldo
Dimensioni: 126x100 cm
Anno: 1998  
Titolo: TOTO' TRITTICO
Materiali: Trasferimento di gelatina fotografica su tela Rembrandt, plastificazione a caldo
Dimensioni: 154x100 cm ciscuno
Anno: 1998  
Titolo: LANA TURNER   
Materiali: Trasferimento di gelatina fotografica su tela Rembrandt, plastificazione a caldo 
Dimensioni: 126x100 cm 
Anno: 1999  
Titolo: WERE THE SPIES ARE
Materiali: Trasferimento di gelatina fotografica su tela Rembrandt, plastificazione a caldo
Dimensioni: 220x176 cm
Anno: 1999 
Titolo: THE DESPERADOS
Materiali: Trasferimento di gelatina fotografica su tela Rembrandt, plastificazione a caldo 
Dimensioni: 226x179 cm
Anno: 1999  
Titolo: RANDOLPH SCOTT
Materiali: Trasferimento di gelatina fotografica su tela Rembrandt, plastificazione a caldo
Dimensioni: 126x100 cm
Anno: 1999 
Titolo: NOTTE NUZIALE
Materiali: Trasferimento di gelatina fotografica su tela Rembrandt, plastificazione a caldo
Dimensioni: 287x181 cm
Anno: 1999 
Titolo: MR. SUPERINVISIBILE
Materiali: Trasferimento di gelatina fotografica su tela Rembrandt, plastificazione a caldo
Dimensioni: 126x101 cm 
Anno: 1999 
Titolo: 1999 LA PREDA
Materiali: Trasferimento di gelatina fotografica su tela Rembrandt, plastificazione a caldo
Dimensioni: 156x100 cm
Anno: 1999